RAPPORTO ISPRA, DIECI CAMPI DA CALCIO CONSUMATI A FROSINONE IN UN ANNO. LEGAMBIENTE: RIVEDERE I PIANI URBANISTICI, PORRE UN FRENO ALLE NUOVE EDIFICAZIONI E RINATURALIZZARE DOVE POSSIBILE.

Agli Organi di Informazione Locali

RAPPORTO ISPRA, DIECI CAMPI DA CALCIO CONSUMATI A FROSINONE IN UN ANNO. LEGAMBIENTE: RIVEDERE I PIANI URBANISTICI, PORRE UN FRENO ALLE NUOVE EDIFICAZIONI E RINATURALIZZARE DOVE POSSIBILE

Frosinone, 29/07/2022

La pubblicazione del nuovo rapporto ISPRA 2022 su “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” getta una luce sinistra su un problema ancora colpevolmente sottaciuto nel nostro paese, ovvero l’inarrestabile artificializzazione delle superfici e la progressiva perdita di suolo naturale. I dati aggiornati al 2021 confermano la criticità del fenomeno specialmente nelle zone periurbane e urbane, nelle quali si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici impermeabilizzate, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali.

Particolarmente grave è la situazione riguardante Frosinone. Il confronto 2021 vs. 2020 è impietoso e non lascia spazio a giustificazioni di sorta: in un solo anno l’incremento di consumo di suolo netto nel territorio comunale è stato di 7,13 ettari (10 campi da calcio!): si tratta del valore più alto da un decennio a questa parte. Limitandosi a un confronto con gli anni più recenti, gli incrementi 2016-2017, 2017-2018, 2018-2019 e 2019-2020 sono stati rispettivamente di 1,14, 1,08, 0,50 e 2,19 ettari, dunque di gran lunga inferiori a quello osservato nel 2021. Non solo: nella graduatoria sul nuovo suolo consumato nel 2021 nei comuni della Regione Lazio il capoluogo ciociaro si piazza alla settima posizione dopo Roma, Fiumicino, Fara in Sabina, Viterbo, Guidonia Montecelio e Monterotondo. Il dato è ancora più significativo se si tiene conto dell’estensione ridotta del territorio comunale: infatti, tutti i 6 comuni del Lazio che precedono Frosinone in questa classifica hanno una percentuale complessiva di suolo consumato inferiore (fra i capoluoghi di provincia, Roma ha il 23,5% e Viterbo il 6,1% contro il 29,6% di Frosinone). La nostra città si conferma dunque al 3° posto nel Lazio in quanto a percentuale di superficie consumata, venendo subito dopo Ciampino e Anzio, comuni la cui estensione è peraltro inferiore a quella di Frosinone. È inoltre saldamente al primo posto fra i 5 capoluoghi di provincia in quanto a densità di consumo di suolo 2020-2021 con 15,26 m2/ettaro.

Dobbiamo arrestare questo trend. La furia edilizia scatenatasi durante l’amministrazione Ottaviani, che è all’origine dei dati certificati da ISPRA e che prosegue senza sosta, deve cessare. L’ultimo cantiere aperto in città, quello per il nuovo punto vendita Lidl fra Via Volsci e Via Landolfi, grida vendetta per le dimensioni esagerate e per l’affronto recato a un commercio di prossimità in crisi profonda. L’ultima cosa di cui si sentiva il bisogno a Frosinone è esattamente l’ennesimo mostro di cemento ad uso commerciale con ampio parcheggio annesso. Non è tollerabile che il Comune si ostini a voler “fare cassa” con gli oneri concessori svendendo il suolo e pregiudicando così la capacità di affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici, dal dissesto idrogeologico, dal diffuso degrado del territorio, del paesaggio e dell’ecosistema. Come sottolineato dagli organismi internazionali più accreditati, la perdita di suolo naturale e agricolo è un grave danno per il nostro ambiente e il nostro benessere. Un suolo in buona salute fornisce cibo e biomassa; filtra e assorbe le acque meteoriche riducendo il rischio di allagamenti e siccità; è un insostituibile deposito di carbonio organico; rappresenta un elemento centrale del paesaggio; mitiga l’effetto isola di calore nelle lunghe estati arroventate dal cambiamento climatico, come quella in corso; è, in estrema sintesi, una risorsa non rinnovabile che deve essere tutelata e preservata per le generazioni future.

Facciamo appello al Sindaco Mastrangeli e al Consiglio Comunale perché si cambi finalmente registro. L’obiettivo da perseguire è il consumo di suolo netto zero, mettendo un freno ai permessi a costruire per nuovi insediamenti edilizi, dicendo basta a nuovo asfalto e procedendo a una ricognizione delle tante aree pubbliche degradate e dismesse al fine di una loro rinaturalizzazione. Si tratta di un’azione amministrativa a 360° non più rinviabile che richiede una rivisitazione radicale di strumenti urbanistici oggi obsoleti, inidonei ad affrontare le nuove sfide imposte dalla crisi ecologica.

Stefano Ceccarelli

Presidente

Circolo Legambiente “Il Cigno” di Frosinone APS

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Post scriptum. Siamo consapevoli che gli impianti per la produzione di energia rinnovabile di cui Legambiente auspica fortemente lo sviluppo porteranno a un incremento delle superfici artificiali. I campi fotovoltaici a terra, in particolare, pongono degli interrogativi circa l’occupazione di suolo a cui non vogliamo sottrarci. Tuttavia, siamo convinti che la riconversione dell’aeroporto militare di Frosinone in parco solare che continuiamo a sostenere in tutte le sedi non configuri alcun danno ambientale sotto questo profilo. Proviamo a riassumerne le ragioni per punti.

  • a differenza del suolo consumato con fabbricati, strade, aeroporti, piazzali, parcheggi, ecc., gli impianti a terra producono un uso del suolo reversibile: a fine vita dei moduli fotovoltaici il terreno su cui sorge l’impianto torna integro;

  • i moduli rialzati degli impianti a terra occupano superficie ma non configurano un consumo di suolo in senso stretto: il terreno resta infatti perfettamente in grado di drenare le acque meteoriche, mantiene la sua biodiversità microbica e la capacità di stoccare carbonio;

  • l’area del Moscardini è classificata come demanio militare e non ha una vocazione agricola;

  • la configurazione proposta per l’impianto, con i moduli ad inseguimento solare, comporta una minore densità di pannelli per superficie, permettendo una felice coesistenza con attività quali l’apicoltura e la floricoltura, o il pascolo degli ovini, così da ricostituire habitat ottimali per gli insetti impollinatori e da ricreare un’adeguata biodiversità.

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