Covid, Miozzo: “Il Cts deve riadattarsi, ma ha ragione di esistere”.

di CHIARA ORGANTINI
L’ex coordinatore del Comitato tecnico scientifico è al lavoro con il ministero dell’Istruzione: “L’obiettivo è riaprire le scuole e tenerle aperte”

ROMA – Ha rassegnato le sue dimissioni da coordinatore del Comitato tecnico scientifico qualche giorno fa, per andare a fare il consulente al ministero dell’Istruzione. Agostino Miozzo, medico con una lunga esperienza nella gestione delle crisi sanitarie internazionali e alla Protezione civile, racconta alla Dire come è cambiato il contesto in cui deve operare il Comitato e cosa porta in dote al dicastero.

 

Dottor Miozzo, lei ha lasciato il Cts nel ruolo di coordinatore ma il Comitato non ha esaurito il suo ruolo, come qualcuno ha detto…
“L’emergenza è ancora in atto e il Comitato tecnico scientifico ha ancora senso di esistere. Il Cts è stata un’idea del precedente governo, del ministro Speranza, per creare un consesso di intelligenze che potesse consigliare dal punto di vista scientifico il governo nella migliore gestione della pandemia. E questo abbiamo fatto, con risultati che sono stati abbondantemente giudicati, ma il giudizio vero lo darà la storia. Il Comitato è nato in un contesto particolare del Paese, oggi siamo in una condizione diversa e con strumenti nuovi, con la Protezione civile che è entrata fortemente in gioco come era auspicabile che accadesse. Il generale Figliuolo ha preso in mano in maniera militare il piano vaccinale e c’è un rapporto migliorato con le Regioni. Con un contesto così modificato il Cts si deve riadattare, deve rileggere se stesso nel nuovo assetto”.

Andrà ad occuparsi di scuola al ministrero dell’Istruzione. Quali progetti e quale continuità dal precedente incarico?
“Sono entrato con molta prudenza e tutta l’umiltà possibile nel ministero dell’Istruzione, che è molto ben strutturato, ricco di competenze. Il mio piccolo contributo sarà per il ministro e per il ministero per il sistema di gestione delle crisi, in ragione della precedente esperienza nel Cts e per i decenni spesi nella Protezione civile nelle crisi internazionali”.

Ha parlato di gestione delle crisi, qual è l’obiettivo di questa gestione nell’ambito dell’istruzione?
“L’obiettivo è riaprire le scuole, farlo in sicurezza ma soprattutto riuscire a tenerle aperte. Con questa pandemia non esiste un posto a rischio zero, esiste il rischio accettabile, questo significa che devi essere in grado di cogliere l’evidenza di una crisi – che può essere il caso del contagio di un professore, di un assistente scolastico – e devi essere in grado di fare screening in tempo reale, mettendo nelle condizioni tutto l’istituto di poter continuare, chiudendo una classe o più se la situazione lo richiede, ma non è detto che serva chiudere l’intero plesso. Il concetto è potenziare l’intervento in modo tempestivo, immediato, il monitoraggio, al fine di rassicurare i genitori, i ragazzi e il personale docente e non docente che lavora nella scuola. E poi, in parallelo, seguire e rafforzare la campagna di vaccinazione degli operatori scolastici, che ha già raggiunto un buon numero. Dobbiamo completare la copertura, speriamo si risolva la questione di AstraZeneca. Una volta che l’Ema ci darà il via libera per questo vaccino, ora sospeso, continueremo con le somministrazioni e faremo una campagna di rassicurazione e sensibilizzazione”.

Tra gli elementi di continuità, tra Cts e ministero dell’Istruzione, ci sono ancora le Regioni che procedono in ordine sparso: come risolvere?
“Ho la percezione che il dialogo con le Regioni sia migliorato anche da questo punto di vista. Certamente le prossime tre settimane saranno ancora molto dure, di sofferenza per tutto il Paese. E’ auspicabile che con queste settimane di restrizioni arrivi il beneficio che ci attendiamo, affiancato alla messa in sicurezza dei fragili e delle persone che rientrano tra le priorità per la somministrazione del vaccino. Se riusciremo a centrare questi due obiettivi la situazione di stress nei confronti della pandemia inizierà a distendersi e potremmo aspettarci un approccio più conciliante da parte di tutte le Regioni per un messaggio al Paese non localistico ma nazionale. In questo senso il ministero dell’Istruzione è già impegnato nell’elaborazione di protocolli e procedure che possano uniformare le aperture totali o parziali della scuola. Bisognerà lavorare molto con le Regioni, darò il mio contributo anche su questo, ma vedo che la situazione è già molto diversa nella relazione con i territori. Se gli astri si allineano in una proiezione favorevole possiamo essere ottimisti”.

Il Cts è stato accusato di alcuni errori di cui forse non aveva responsabilità…
“Io sono diventato allergico a chi parla con il senno di poi, a quelli che ‘Si doveva fare così’, o del ‘Se si fosse fatto così, perché io lo avevo detto’… Sono diventato allergico a questa presunzione, arroganza, stupidità. Avrei voluto che queste persone fossero inserite nella struttura e che fossero oggetto e soggetto di tutte le sollecitazioni che noi abbiamo avuto, che non sono solo sollecitazioni scientifiche. Covid-19 non è solo una pandemia, una malattia sanitaria, è un’emergenza globale, sociale, economica, relazionale. Ha rivoluzionato le nostre modalità di vita, ha condizionato la nostra esistenza in maniera radicale. Questa gente non sa cosa vuole dire fare un piano di lavoro per la ristorazione, per le spiagge. Le restrizioni di marzo e aprile le abbiamo stabilite con una concertazione globale, collettiva. Sullo sfondo c’era lo shock dei camion dell’Esercito che portavano via le bare. Nessuno ha contestato quelle decisioni. Ma quelle decisioni poi le abbiamo capite, ne abbiamo subito il peso drammatico, economico, sociale, la scuola che si è bloccata. Dopo non è stato più così. Ci sono state le persone scese in piazza a protestare, e anche a minacciarci. Io ho ricevuto centinaia di minacce e ho fatto anche una denuncia alla Digos. E come me tutti i miei colleghi. Ricevevamo però anche appelli, lettere accorate di persone che ci dicevano ‘Attenzione, stiamo morendo di fame perché dobbiamo chiudere, perché la criminalità organizzata sta comprando i nostri negozi dato che non abbiamo le risorse per vivere’. E in parallelo dovevamo gestire l’emergenza sanitaria e quella ordinaria. È stata una grande lezione di vita, su cui inviterei quelli di cui parlavo prima a riflettere, con più attenzione e umiltà”.

Agenzia DIRE  www.dire.it

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