Sanità, Nursing Up De Palma: «L’Italia rischia di perdere il 30% di operatori sanitari nei prossimi tre anni».

Allarmanti i nuovi dati del calo di iscrizioni alla facoltà di infermieristica, con la percentuale del -10,5%. Tocca alla politica arginare questa pericolosa emorragia con azioni concrete, la nostra professione continua a perdere di attrattività».


ROMA 13 SETT 2023 – «La verità è schiacciante: dal mondo universitario ci arrivano dati che testimoniano di un nuovo, ulteriore calo delle iscrizioni ai test di ammissione di infermieristica. 

C’è poco da gioire, perché siamo si fronte a numeri impietosi, in termini negativi, che testimoniamo, senza se e senza ma, come la professione infermieristica continui a perdere inesorabilmente di attrattività agli occhi dei giovani, agli occhi della collettività.

La percentuale di cui parliamo indica il -10,5% nel calo delle iscrizioni per l’anno accademico 2023-2024, secondo il report del Dott. Angelo Mastrillo, Docente dell’Università di Bologna in Organizzazione delle professioni sanitarie e Segretario della Conferenza Nazionale Corsi di Laurea Professioni Sanitarie.

Siamo passati dalle 25.539 domande dello scorso anno alle attuali 22.870 su 19.860 posti (lo scorso anno i posti erano 19.375 ), così diviso tra le tre aree geografiche: Nord -14,0%, Centro -14,4% Sud -5,4%.

E’ lecito, ora, domandarsi cosa abbia fatto la politica negli ultimi 12 mesi per ricostruire l’appeal di una professione che appare decisamente allo sbando, dal momento che già un anno fa la scottante questione era stata posta all’attenzione dell’opinione pubblica, con un calo di iscrizioni che, già allora, era stato pari al – 9,2%. nonostante il numero dei posti disponibili nel 2022 fosse stato allargato con una percentuale del 3.5%.

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

«Come arginare quella che comincia ad assumere i contorni una emorragia che non tende ad arrestarsi ? 

Al calo di iscrizioni alla facoltà di infermieristica, si aggiungono le dimissioni volontarie  dalla professione e le fughe all’estero di giovani professionisti, attratti da stipendi decisamente più dignitosi e da prospettive di carriera ben diverse.

Manca di fatto il ricambio generazionale dei professionisti sanitari, quello indispensabile per garantire un futuro degno di tal nome alla sanità italiana, mancano gli strumenti, e a noi sembra a questo punto anche la volontà da parte della politica, per arginare quella voragine di infermieri che si traduce in una mancanza di almeno 100mila professionisti, numeri indispensabili per adeguarsi agli standard  minimi degli altri paesi europei che corrono veloci verso il futuro.

Urgono sostanziosi aumenti di stipendio, e nuovi strumenti di rinnovamento ed organizzazione delle attività sanitarie, entrambi  indispensabili per restituire dignità alla professione infermieristica.

La verità è che quello della professione infermieristica resta un ambito affascinante come pochi, e rappresenterebbe  ancora l’obiettivo, almeno iniziale, di molti giovani che coltivano il sogno di prendersi cura della salute della collettività, ma la dura realtà delle magre retribuzioni, dei turni massacranti, delle violenze subite nelle corsie, “taglia le gambe” alle aspirazioni di indossare quel camice.

E non è finita qui. Perché anche chi con coraggio decide di iscriversi alla facoltà di infermieristica, deve affrontare un duro percorso che non sempre giunge a compimento, continua De Palma.

Alto è infatti anche il tasso di abbandono degli studi prima del loro  termine, con una preoccupante percentuale che oscilla tra il 19 e il 20% e che indica coloro che non arriveranno alla laurea, che non indosseranno mai quel camice, che non diventeranno mai infermieri. 

Dove stiamo andando? Se al già grave tasso di abbandono dei corsi per infermiere, pari al 20%, aggiungiamo quell’ulteriore -10,5% di domande arrivate rispetto ai posti  programmati dalle Università per l’anno accademico 2023/24, l’Italia rischia di perdere, nei prossimi tre anni, fino al 30-30,5% di infermieri rispetto ai numeri, per noi peraltro già molto bassi, programmati  dalle stesse Regioni e dal  Governo, con conseguenze inimmaginabili  per la delicata qualità dell’assistenza e per il diritto alla salute dei cittadini. C’è davvero poco da gioire», chiosa De Palma. 

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