Per gli anziani: “ (…) e come è duro calle lo scendere e il salir per le altrui scale”.

 

 

 

 

ACCADEMIA DEI PARMENIDEI

UFFICIO STAMPA

 

Oggi, per una serie di ragioni, mi è apparso ancora più chiaro quanto sia difficile per una persona, perdere la propria abitudine di vita, se mai la propria abitazione, da anziano e finire a dover convivere, fosse anche con i figli più amorevoli.

Mi sono ricordata di alcune parole di Dante, tra cui: “ (…) e come è duro calle lo scendere e il salir per le altrui scale”.

Così mi sono rapportata alla “Commedia” facendomi una passeggiata nel XVII canto del Paradiso, allo scopo di ritrovare la prima parte della frase, laddove è citato il “pane sciapo”, ossia quello Toscano. Il pane Toscano è “sciocco”, ossia manca di sale e si accompagna con salumi e formaggi che lo rendono più saporito. Ritorniamo a Dante: Il pane sciapo, più comunemente detto “sciocco”, è senza sale in quanto, nel XII secolo, essendo Pisa e Firenze rivali, Pisa bloccò un grande carico di sale che doveva arrivare a Firenze. Per rispondere a questo, Firenze inventò il pane senza sale. Da qui la citazione di Dante, attraverso le parole di un avo di Dante, Cacciaguida che gli dice: ”Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e com’è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”, prevedendo così l’esilio da Firenze del suo discendente. L’esilio è la perdita delle abitudini come il sapore del pane cui si è abituati, insieme alla propria libertà. 

Già. La prima parte, ossia quel “… e come sa di sale lo pane altrui” mi lasciava perplessa.

Fatto sta che il senso è quello di non possedere più una casa propria e dover salire e scendere (magari anche in ascensore), le scale di altri. Fossero anche quelle dei figli.

Già dagli inizi del 2000 si è assistito ad una crescita esponenziale della popolazione italiana, ma non delle nascite, piuttosto degli over settantacinque, spesso ricoverati in strutture residenziali. Non senza ragione le case di riposo in Italia sono 5.858, pubbliche e private, di cui 3.409 accettano anziani non autosufficienti. 

In quelle strutture residenziali il covid ha mietuto vittime e l’unica rilevazione nazionale piuttosto certa è una survey sul contagio Covid-19 realizzata dall’Istituto superiore di Sanità (ISS) (5/5/2020). Che cosa emerge dalla survey? Gli anziani deceduti nelle strutture residenziali per Covid-19 accertato dal tampone sono un numero pari al 7,4% di tutti i deceduti del periodo, tuttavia se a questi aggiungiamo tutti i deceduti con sintomi simil-influenzali senza alcun accertamento di positività, i deceduti per sospetto Covid-19 arriverebbero al 41,2% di tutti i deceduti. Questo significa che i morti nelle strutture, nel periodo considerato, sono quasi raddoppiati a causa del Covid-19, fermo restando che sappiamo come non tutti quelli che sono morti con sintomi simil-influenzali hanno contratto il Covid-19. Nell’ipotesi massima prospettata dalla survey dell’ISS il tasso di mortalità degli anziani per Covid-19 nelle strutture residenziali sarebbe pari al 3,8% di tutti gli ospiti delle strutture stesse. Anziani che non si ritrovavano più, da indipendenti e per varie ragioni, nella propria abitazione.

Noi anziani siamo tanti, in Italia e nell’arco di un ventennio, anche per effetto dell’aumento della sopravvivenza, si è registrato un incremento delle persone di sessantacinque anni e più che vivono da sole (dal 25,0 al 28,7 per cento), a fronte di una riduzione di quanti vivono con altri (dal 17,2 al 12,8 per cento).

Le società invecchiano e il peso delle patologie cronico-degenerative diventa sempre più rilevante con condizioni di multicronicità che riguardano un anziano su quattro.

La scelta (se vogliamo considerarla tale), al momento in cui, da anziani, si vive da soli, oppure con il coniuge, resta tra il tentativo d’indipendenza e la convivenza con chi aiuti, parente o estraneo. L’autosufficienza è quella che ti permette di alzarti nel tuo letto, fare colazione come d’abitudine, trovare il proprio spazzolino nel bagno e tenere pulita la propria abitazione, anche con l’ausilio di personale di vario tipo.

Quando questo non è più possibile, l’anziano, anche se finanziariamente autonomo, finisce a carico del figlio o di quanti lo prendono a vivere nella propria abitazione. Il che significa: Il 73,9% delle famiglie con persone non autosufficienti sostiene per intero le spese di assistenza senza poter contare su alcun contributo economico da parte dello Stato.

Questi anziani, se autonomi e forniti di una pensione discreta, possono anche rappresentare per la famiglia che li ospita, una sorta di aiuto, anche soltanto dando uno sguardo agli eventuali nipotini. Sempre che sappiano cavarsela da soli.

Poi ci sono gli anziani emancipati e coraggiosi, che essendo soli (ad esempio vedovi, single da sempre o con figli che vanno a vivere altrove), decidono di farsi anche le vacanze indipendenti. I coraggiosi.

Chiaramente, da soli o aiutati, pianificano le vacanze per anziani con relativo soggiorno, articolando una serie di attenzioni e accortezze allo scopo di ritrovarsi in un contesto d’arrivo favorevole. Difatti, se anche autosufficienti, gli anziani hanno sempre una situazione di salute più fragile e per questo da tutelare anche e soprattutto in vacanza, pianificando un soggiorno estivo per anziani nelle strutture ricettive che hanno servizi e spazi ad hoc per il benessere e il riposo della terza età. Denaro permettendo.

Ma torniamo al vivere comune. Parlando d’indipendenza occorre rimarcare che l’Italia è tra i paesi europei in cui è più alta l’età in cui i ragazzi diventano autonomi. Per il 25% la causa è l’impossibilità di pagare un mutuo o un affitto prima di raggiungere i ventisei anni per cui sono certamente molti i 30-44enni che, convivono ancora con i genitori. Per cui 2,7 milioni di adulti “fanno compagnia”, volente o nolente, ai loro genitori con più di sessantacinque anni. Poi si vedrà…

Per contrasto occorre ricordare che negli ultimi due anni gli italiani all’estero sono in maggioranza giovani con meno di trentaquattro anni (61%) e adulti fino a quarantanove anni (24%). Peccato che degli italiani che se ne vanno all’estero non si parli tanto quanto degli sbarchi che da anni occupano i telegiornale e i social. Per farci una specie di “dare/avere”, possiamo rivolgerci ai dati che ci offre la Fondazione Migrantes: 5,2 milioni di stranieri regolarmente residenti in Italia, pari all’8,8% della popolazione, contro i 5,8 milioni d’italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE (all’Archivio Italiani Residenti all’Estero), pari al 9,8% della popolazione.

Non si pensa ai genitori di questi, che si ritrovano vecchi e soli (molti anche i vedovi), mentre la loro prole, affettuosamente cresciuta, che dovrebbe dar loro una mano, si ritrova: Argentina (15,6%), Germania (14%), Svizzera (11,2%), Brasile (9,1%), Francia (7,9%), Regno Unito (7,6%), USA (5,1%).

Fatto sta che, per l’Istat: l’Italia è un paese di vecchi, 187 anziani per 100 giovani. Una popolazione di anziani che ricorda il 1977 (46 anni fa) quando Domenico Modugno cantava “Il vecchietto dove lo metto”. Una testo addirittura profetico.

Bianca Fasano. Sociologa.

 

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