13 NOV 2023. VERSIONE RIDOTTA PER AGENZIE E SITI WEB. Sanità, Nursing Up De Palma: «Infermieri e ostetriche sempre più avanti con l’età. Il 56% ha oggi più di 55 anni. Sono circa 33mila gli infermieri che, rispetto ai quasi 280mila attivi nel nostro SSN, presentano patologie fisiche e psichiche che minano la loro continuità lavorativa. Corsie sempre più vuote».
ROMA 13 NOV 2023 – «Quali rischi reali corre la già precaria stabilità del nostro sistema sanitario e la qualità della salute collettiva , rispetto al graduale e inesorabile invecchiamento della “popolazione infermieristica”?
Siamo di fronte ad un dato incontrovertibile da cui partiamo: il 56% del personale dell’assistenza ha oggi più di 55 anni.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Il sunto dei nostri report è agghiacciante; infermieri sempre più anziani e spesso costretti a rimanere a casa, con corsie di conseguenza sempre più vuote (tra fughe all’estero, dimissioni, pensionamenti e carenza di personale sempre più grave) per una professione che sembra non avere più linfa vitale a cui attingere per ripartire.
La sanità italiana “perde i pezzi”giorno dopo giorno, e i vuoti continuano a non essere colmati.
Si parte dalla pericolosa lacuna del mancato ricambio generazionale: entro il 2024, ben 14mila infermieri raggiungeranno i requisiti per andare in pensione: ma dove sono gli indispensabili e tanto attesi ricambi che dovrebbero gioca forza fare il paio con un piano concreto di valorizzazione economico-contrattuale per arginare l’emorragia di personale?
Si pensi che ogni anno si laureano tra 10mila e 11mila infermieri, tolti quelli che scappano subito all’estero, quelli che si impiegano nel privato e quelli che scelgono la libera professione, ne restano circa 7 mila che, solo potenzialmente, potrebbero mettersi a disposizione del SSN.
Ci si ritrova, quindi, con ben 7mila infermieri in meno rispetto a coloro che lasciano il servizio. Ovviamente questi numeri si sommano alle svariate decine di migliaia di infermieri persi per strada negli anni precedenti.
Sono 7mila gli infermieri fuggiti all’estero nell’ultimo triennio, lo dicono le agenzie specializzate. A questi si collega, ahimè, quel 10,5% di iscrizioni in meno ai test di infermieristica, e il triste dato che racconta che per la prima volta dal 2011, il numero di tale tipologia di laureati è sceso sotto 10mila.
Nel dettaglio, i laureati sono 11.436 sui 15.464 posti messi a bando, pari al 74%. Valore questo che è sceso dall’81% del 2013 al 69% del 2020 e al 67% del 2021. Tra le principali ragioni la difficoltà, nell’ultimo biennio, di assicurare il tirocinio per gli studenti e terminare così in tempo il percorso formativo.
Infine, problema che non è meno grave, ecco un buon 44% di dimissioni volontarie dal SSN (numeri aggiornati al 2021) di professionisti sanitari, dei quali la maggior parte sono infermieri.
Eccola allora la percentuale che deve ulteriormente rappresentare un sonoro campanello di allarme: circa 33mila infermieri, rispetto ai quasi 280mila attivi nel nostro SSN, presentano patologie fisiche e psichiche che minano la loro continuità lavorativa.
Da una parte il problema è legato all’avanzare dell’età, dall’altro, come detto, la responsabilità è da attribuire alle aziende sanitarie, che lasciando i professionisti alla mercé dei disagi, favoriscono patologie sia fisiche legate ai turni massacranti e ai troppo spesso mancati riposi, sia sindromi stress correlate, come quella di bournout. Un professionista su due nel nostro paese ne soffre, ben 125.500 infermieri ne sono affetti.
La coperta è pericolosamente corta: l’età che avanza, con gli orari e i ritmi di lavoro che diventano ingestibili per un sistema che fa acqua da tutte le parti, acuisce i malesseri. Risultato? Aumentano le assenze per malattia, ecco ciò che accade nelle realtà quotidiana dei nostri ospedali. Siamo di fronte ad assenze legate a patologie fisiche, momentanee o addirittura croniche, a cui si aggiungono malesseri psichici di non poco conto.
Ma vi è di più, perchè entro tre anni, questo vuole la prassi ormai consolidata, perderemo un ulteriore 30% di infermieri, perché ci sarà un buon 30% di studenti che si perderanno prima di giungere alla laurea, e perchè ci sono sempre più giovani che fuggono all’estero.
Di fronte a quale drammatica evidenza dobbiamo arrenderci? Ovvero corriamo il rischio che la professione infermieristica italiana subisca il destino di un tracollo lento e implacabile, con i nostri professionisti dell’assistenza rimpiazzati da personale straniero, con discutibili competenze e capacità comunicative, oppure peggio ancora da figure surrogate, adattate in fretta e furia per tappare i buchi.
E’ davvero questo quello che ci attende, ciò che attende noi e le nostre famiglie, da potenziali malati quali tutti siamo destinati a essere, prima o poi, nel nostro percorso di vita? Non possiamo davvero permetterlo», chiosa De Palma.