Uscire dalla mente comune è molto difficile, forse impossibile, se non si hanno esempi di ciò che sta fuori, se non si è in grado di immaginare che esiste un “fuori”.
Lo sciamano è l’esempio che sta “fuori”.
In quanto outsider rispetto alla cultura dell’homo consumens, lo sciamano è in grado di fornire esempi di mappa del reale diversi, creativi.
Innanzitutto lo sciamano ti porta a “vedere” che il numero uno a sé stante non esiste in natura ma solo nella mente umana. Tutte le cose sono il due in uno per lo sciamano, in verità sono tre, o meglio, sono trine.
Quando vado nelle steppe dell’Altai per incontrare Svetlana, la sciamana protagonista dei miei libri, lei è solita offrirmi delle bacche e sempre mi invita a prenderne almeno due, mai una sola, perché “tu non sei sola”, mi dice.
Nessuno è solo poiché tutti hanno uno spirito con sé.
Quando Svetlana si reca nella taiga, nella foresta, per cogliere rametti di ginepro con i quali effettua i rituali di purificazione, prima di staccare un ramo dall’albero, sempre chiede il permesso allo spirito del ginepro.
Quando deve svolgere il rituale propiziatorio per me e per il gruppo che ogni anno io guido sull’altipiano di Ukok in un avventuroso viaggio a cavallo, Svetlana chiede allo spirito dell’altipiano di aprirci il cammino e di darci il permesso per il nostro viaggio.
Un giorno Svetlana mi ha detto una cosa che fa riflettere: “Io non so come sia possibile che esistano luoghi come le cosiddette sale operatorie dove si va armati di bisturi contro gli avi senza chiedere il permesso!”.
Per lo sciamano delle steppe gli organi sono gli avi. Questo mi ricorda una frase di C.G. Jung che a James Hillman piaceva ripetere nei suoi discorsi e nelle sue lezioni: “Gli organi sono gli dei”.
Avi, dei, di fatto gli organi non sono meri oggetti materiali, ma hanno un aspetto invisibile, come tutte le cose.
Visibile e invisibile, uomo e anima, uomo e dei o, se preferiamo, umano e divino sono il riflesso l’uno dell’altro: il divino è un’idea dell’uomo e l’uomo è fatto a immagine e somiglianza dei suoi dei.
In quanto riflessi l’uno dell’altro, nessuno dei due esiste nella propria realtà individuale, separata, esiste unicamente la loro relazione, questa relazione è sacra, è il darsi vicendevole l’uno all’altro, ed è il generarsi a vicenda, giacché incessantemente il visibile svanisce nell’invisibile e incessantemente l’invisibile si fa humus che nutre il visibile, non solo come cibo ma anche come idee.
In ultima analisi esiste solamente la relazione, questa relazione è il sacrum facere, è il darsi, è amore. L’amore è la realtà ultima di tutte le cose, la sostanza con cui l’universo è fatto.
Tratto da “Diverso e Vincente. Manuale di sciamanismo e di alchimia trasformativa“ |