Con l’European Peace Facility cresce il supporto militare Ue all’Ucraina.

Meccanismo da 500 milioni per fornire armi letali e equipaggiamenti.

Di Alessio Pisanò

BRUXELLES – Non solo solidarietà e impegno umanitario, ma sostegno concreto per dare man forte al fronte di resistenza che in Ucraina si sta opponendo all’invasione russa. È quello che sempre più Stati europei stanno facendo da quando il presidente russo Vladimir Putin ha fatto intendere di avere ambizioni ben più lontane del controllo del Donbass.

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I Paesi Bassi invieranno in Ucraina 400 razzi anticarro e 200 missili antiaerei Stinger, la Germania si è impegnata per inviare più del doppio del numero delle armi fornite dagli olandesi, dalla Repubblica Ceca sono in arrivo fucili di precisione, mitragliatrici e munizioni per un valore di 7,4 milioni di euro. In tutto sono 20 i Paesi della Nato che si sono dichiarati ufficialmente disponibili ad armare di più e meglio l’esercito ucraino e i volontari della resistenza. Anche Paesi tradizionalmente neutrali come la Finlandia e la Svezia contribuiranno a sostenere lo sforzo bellico ucraino.

Inaspettatamente, anche l’Unione Europea sceglierà se giocare la sua parte nel conflitto anche dal punto di vista militare. La Commissione europea ha proposto agli Stati di mobilitare 500 milioni di euro dello European Peace Facility (Epf) per fornire all’esercito ucraino armi di difesa letali e altro equipaggiamento militare.

La guerra in Ucraina è il battesimo di fuoco per l’Epf, diventato ufficialmente operativo dall’1 luglio 2021 e dotato di uno stanziamento di 5,6 miliardi di euro fino al 2027 (cifra che rende il sostegno all’Ucraina da parte dell’Ue pari a circa un decimo del budget a disposizione). Grazie al nuovo dispositivo l’Ue potrà finanziare per la prima volta le spese militari di uno Stato terzo, di un gruppo di Stati extra-Ue, o ancora organizzazioni internazionali o regionali.

Lo strumento è innovativo soprattutto perché non rende vane le operazioni di addestramento a cui hanno contribuito molti Paesi Ue nel mondo spesso viziate dalla carenza di un equipaggiamento adeguato: un vuoto che l’Ue punta a colmare, ma anche un aspetto diventato bersaglio di critiche da parte delle Ong pacifiste sul ruolo di fomentatore di conflitti che l’Ue potrebbe assumere. Qualsiasi operazione di supporto o di assistenza militare, in ogni caso, deve essere approvata all’unanimità dal Consiglio degli Affari esteri. Sarà quello che i 27 ministri Ue potrebbero fare nella prossima riunione del Consiglio Ue di venerdì 4 marzo a cui parteciperà anche il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg e il Segretario di Stato americano, Antony Blinken.

L’azione muscolare nella quale si sono lanciati quasi competitivamente gli Stati per aiutare Kiev a difendersi conserva ben chiara la soglia da non oltrepassare. Lo ha ribadito lo stesso Stoltenberg martedì dopo aver ricevuto il presidente polacco Andrzej Duda: la Nato “non vuole essere parte attiva nel conflitto, e per questo non invierà truppe né dislocherà aerei in Ucraina”, ha detto il Segretario generale.

Agenzia DiRE  www.dire.it

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