CORONAVIRUS. LAZIO, LABORATORI PRIVATI: D’AMATO INGIUSTO SU TEST RAPIDI.

Marchione: Mancano reagenti e non forniscono codici, basta pregiudizi

Roma- I laboratori privati del Lazio all’attacco della Regione. Non sono piaciute le parole dell’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, che ha definito i laboratori alle prese con i test rapidi antigenici “meno preparati del previsto” e “sotto la sufficienza”. Su oltre duecento adesioni, ha fatto sapere D’Amato, solo una settantina al momento sono in grado di farli.
“Quello che dice l’assessore è ingiusto- spiega Orazio Paolo Marchione, responsabile di una rete di laboratori privati di Roma- D’Amato già nella scorsa primavera si era lanciato pubblicamente contro le strutture private, tanto che i test sierologici sono stati abilitati soltanto quando la Regione Lazio si è resa conto che non riusciva ad occuparsene. Ora sta capitando la stessa cosa con i test rapidi antigenici. C’è sempre questo pregiudizio su di noi che ci caratterizza, come se fossimo dei venditori di cocomero con il carrettino in mezzo alla strada. Ci hanno messo nelle condizioni di non avere i materiali per i test, ci hanno imposto una tariffa che è incapiente per i costi che noi sopportiamo, siamo frustrati nel non riuscire a fornire ai cittadini l’efficienza che ci caratterizza quotidianamente. E ora dobbiamo anche sentirci dire che è colpa nostra”.
Marchione snocciola quindi le criticità riscontrate in questi giorni, a partire dall’approvvigionamento dei materiali necessari per effettuare i test antigenici. “I fornitori ce li consegnano con il contagocce perché’ la maggior parte dei test sono a disposizione della struttura guidata dal commissario Domenico Arcuri che li distribuisce sul territorio nazionale. Per questo noi con le prenotazioni siamo fermi al 9 novembre. Non possiamo aprire ulteriormente le agende perché’ non sappiamo se avremo i reagenti. Poi c’è l’aspetto che riguarda l’organizzazione del prelievo dei tamponi, che non può avvenire in concomitanza con il prelievo del sangue o altri esami. Nel nostro centro, per esempio, li effettuiamo soltanto tra le 12 e le 14, quando la sala d’attesa è libera da altri pazienti, in modo da evitare assembramenti. Più di un certo numero di appuntamenti al giorno non si possono fare”.
Infine, continua Marchione, “c’è il problema dei codici che LazioCrea deve rilasciarci e che noi dobbiamo comunicare ai sistemi informativi. Io ho il policlinico Umberto I come struttura per i test, loro mi dicono che non possono prendere i nostri campioni senza il codice di riferimento, altrimenti non riescono a identificarlo. Ancora oggi questi codici io non li ho. Quindi ho proposto di organizzare una riunione operativa per superare le criticità riscontrate durante la formazione degli opeatori all’utilizzo della piattaforma Recup-Covid”.

Per Marchione, dunque, “i problemi che devono affrontare i laboratori privati del Lazio sono tanti ed evidenti. Avere pregiudizi sul nostro lavoro è una cosa che non accettiamo”.

Agenzia DiRE  www.dire.it
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